4 NOVEMBRE: MARCIA SUL POSTO
Il 6 ottobre una grande manifestazione di precari in sciopero ha attraversato la città di Roma per chiedere la fine dello scandalo di uno Stato che da una parte si dichiara intenzionato a reprimere il lavoro nero e dall’altro tiene centinaia di migliaia di lavoratori in questa condizione. Una manifestazione con parole d’ordine nette e chiare, che assumeva il Governo Prodi a controparte e respingeva la manovra economica come una finanziaria in continuità ideologica con quelle di Berlusconi sul tema del precariato.
Quella manifestazione, come le MayDay, come le grandi manifestazioni nazionali per il reddito sociale, che assumevano identici toni radicali nella critica all’operato del governo sul tema precarietà, ha segnato e segna una forte discontinuità con quanti pensano, dopo sei mesi dall’insediamento del governo Prodi, che sia ancora necessario scendere in piazza – il 4 novembre, con una manifestazione e non con uno sciopero – per chiedere l’abrogazione delle leggi vergogna del precedente governo, facendo finta di non capire/sapere che il governo di centro sinistra non ha alcuna intenzione di cassarle, per il semplice fatto che ne condivide appieno lo spirito, anche se non la lettera.
La finanziaria messa in campo dal Governo, peraltro sempre più orientata dai continui interventi di Confindustria, non trova accenni nella convocazione della manifestazione; eppure questa pone nodi che non possono essere elusi da nessuno quali l’attacco definitivo al welfare, alla previdenza universalistica, ai risparmi dei lavoratori, al diritto al lavoro e al reddito.
La proposta Amato sui CPT, l’accordo sui call center, la scomparsa del problema precariato dalla manovra finanziaria, l’attacco, sempre in finanziaria, alla scuola pubblica e il sostegno alle private - per citare solo alcuni fatti concreti - confermano senza ombra di dubbio quali siano le intenzioni del governo sui quattro punti all’ordine del giorno di quell’appuntamento che non esitiamo a definire quantomeno inadeguato ai problemi che la nuova fase ci pone.
E’ poi abbastanza evidente che la stragrande maggioranza delle forze che promuovono quell’appuntamento abbiano interesse più a fungere da sostegno al governo che a combatterlo. La presenza di pezzi importanti di categorie della CGIL – quella per intenderci della concertazione e del nuovo patto sociale con il governo Prodi - fa pensare che tale promozione sia dettata, più che dalla convinzione che ciò sia utile a cambiare la politica del governo, dalla necessità di occupare spazi politici per evitare che altri lo facciano con parole d’ordine ed iniziative radicali contro le politiche governative.
Dove saranno, i promotori, il 5 novembre? Cosa metteranno in campo per contrastare le politiche neo liberiste del governo? L’evidenza dice che ciascuno tornerà alle proprie occupazioni, chi alla concertazione, chi a governare, chi a fare opposizione interna senza alcuna intenzione reale di incidere sui processi materiali in atto e, soprattutto, di organizzare davvero, su obbiettivi concreti, i precari.
Esiste invece la necessità di ribadire una forte indipendenza del movimento, organizzata, contro la precarietà dal quadro politico, unico strumento capace di indicare ai precari, ma anche a tutto il mondo del lavoro, strade concrete per affrontare la propria condizione di lavoro e di vita.
La capacità di tenuta di un progetto conflittuale, antagonista e indipendente si misura sulla capacità di avere chiari gli obbiettivi di lotta e di manifestarli con forza senza timore di disturbare il manovratore.
Noi il 17 novembre saremo di nuovo in campo con uno sciopero generale e generalizzato e manifesteremo, con molti altri sindacati di base e movimenti sociali, nelle maggiori città italiane per affermare un’idea diversa di società e di diritti del lavoro.
Siamo convinti che la strada giusta sia questa e non altre.